I sanvitesi ed il mare (4)

 

Verso la fine del 1800 i cantieri di S. Vito registrano un netto calo rispetto al 1838 con una costruzione di 8 navigli rispetto ai 13 di Ortona. Le nuove tecnologie non trovarono pronti i nostri “calafati[1] a soddisfare le richieste provenienti da un mondo avviato verso la produzione di massa. I talentuosi “maestri d’ascia” continuarono il loro lavoro donandoci tutta una serie di ottime barche che restano ancora nella memoria di tutti i sanvitesi.

A San Vito la produzione di navigli esisteva già nella metà del 1700 in cui veniva segnalato come “Maestro da far Barche” un certo Antonio d’Orazio[2] e Antonio Guaglione, “Ingegnere da far Barche”. Per quel che riguarda la famiglia Guaglione, originaria di Napoli, pur non lasciando discendenti a San Vito, troviamo ancora intitolata una stradella, detta appunto “Vico Guaglione”, (Foto 3) che pochi sanvitesi conoscono, situata nello stesso luogo dove la famiglia era domiciliata nel 1746[3],”

Quando parliamo di calafati la mente corre al cantiere della famiglia Bruni (Foto 4): le imbarcazioni erano progettate e realizzate per così dire “in famiglia”, con una tipologia ben definita dove il “mastro” era aiutato solo dall’esperienza acquisita di generazione in generazione, ricavando da un blocco di legno quella che potremmo definire una vera scultura navale. Una azienda a conduzione familiare in continua espansione e nel 1884 al “calafata” Tommaso Bruni[4], dietro sua esplicita richiesta, fu concesso uno spazio di “metri quadrati dieci in affitto mediante l’annua corrisposta di lire venti annue per suolo comunale alla marina nel gran largo d’innanzi la marina onde costruirvi un baraccone di legno da servire per il suo mestiere (…) nel largo della marina d’innanzi il fabbricato del porto, e precisamente tra la torre, la Chiesa, ed il fabbricato della Caserma di Guardie Doganali”.[5] (Foto 5) Per quanto riguarda, infatti, la produzione di imbarcazioni, nelle statistiche nazionali di inizio ‘900, era menzionato in Abruzzo solo S. Vito Chietino dove il cantiere dei fratelli Filippo (1866-1944) e Francesco Bruni (1875-1944), figli di Tommaso, era ancora in attività ed un altro componente della stessa famiglia, Giuseppe Bruni (1877-1954), anche lui quinto dei sei figli di Tommaso, eseguiva riparazioni ai galleggianti di Ortona.


 

[1] Spesso è stato utilizzato indifferentemente il termine “maestro d’ascia” e “calafato” o “calafata” per indicare lo stesso mestiere di costruttore di barche. In realtà il calafato, originariamente, era colui che con pece calda e stoppa era adibito a sigillare le fessure che si formavano in fase di assemblaggio tra gli assi di legno dell’imbarcazione

[2] ASN Catasto Onciario di San Vito, p. 6

[3] ASN Catasto Onciario di San Vito, p. 12 dove si legge che la famiglia di Antonio Guaglione “abita in casa propria nel vicinato del Castello”  La famiglia Guaglione possedeva anche una masseria sulla spiaggia dove, agli inizi del 1700 andò ad abitare Giuseppe Iarlori, proveniente da Ortona, antenato di tutte le famiglie Iarlori di San Vito.

[4] Tommaso Bruni nato a San Vito nel 1845 era figlio di Filippo Bruni (1799 Grottamare -AN -1871 San Vito Chietino) ed Elena Brutti (1803 Grottamare -AN -1875 San Vito Chietino) sposato a San Vito con Anna Lucia Iezzi figlia di Rocco Iezzi e Domenica Fagioli

[5] Arch. Stor. Com.– Delibere di Consiglio Comunale 1870-1886. pag 2f