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Lu callàre

   Solido, di rame sbalzato, lu callàre (lat. calidarium) era nu còmmede tra quelli indispensabili per "avviare una casa", sì che tra il pentolame vario che si portava in regalo alle spose, quando si andava a vedere la dodda spase, era tra i più ambiti.

   Il suo prezzo variava a seconda del peso e, pertanto, più pesante era più pregiato risultava; d'altra parte robusto e resistente doveva essere, visto che lu cómmode veniva perfino ereditato.

   Spesso infatti ne ho sentito parlare come lu callàre di mamme, quando addirittura non era lu callàre di nónneme.

   Appeso alla catena del camino o adagiato sui treppiede (e ce ne voleva perché l'acqua alzasse il bollore: stu callàre nen volle ma'!), a diretto contatto con il fuoco diventava nero di fuliggine e tale in genere restava fintanto che durava, ma era lucentissimo all'interno e sempre aremunnate (lat. mundatum), ovvero ripulito perfettamente.

   Le dimensioni erano diverse a seconda della necessità e, a seconda dell'uso, il sostantivo veniva alterato e lu callàre diventava callàrucce o callarone. Una volta usurati venivano riportati a lu callàrare che scomputava l'equivalente dei loro peso dal costo di lu callàre nove.

   In un monumentale callàrone solidamente ancorato ad una grossa fornacella in pietra rivedo bollire il composto per fare il sapone e centinaia di bottiglie di pomodoro.

A.M.