Il porto di San Vito

   In questa prima puntata puntata illustreremo a grandi linee lo sviluppo della zona di mare che ha avuto sempre un'importanza capitale per il nostro paese a tutti i livelli. Dai documenti in mio possesso posso affermare che il porto di San Vito fu costruito per la prima volta in epoca romana e costituiva oltre che uno scalo importante di merci anche un baluardo a difesa della costa contro le invasioni dei pirati illirici.

   Era un porto naturalmente in legno e costruito alla sinistra della foce del Feltrino. Da una ricognizione aerea effettuata durante il periodo bellico si sono potuti notare i resti della suddetta opera. Vicino al porto vi era un luogo noto col nome di Audo e sembrerebbe questo il primo sito abitativo di una certa importanza del nostro paese. Era un conciliabolo romano che attualmente rappresenterebbe, per rendere meglio l'idea, un posto di sdoganamento.

   Molte discussioni ha provocato questo nome Audo: se cioè sia lo stesso Gaudo ( e successivamente Gualdo, giunto come termine fino ai nostri giorni) oppure un luogo più in prossimità delle terre di Lanciano. Da un punto di vista linguistico la trasformazione di Gualdo in Gaudo e poi in Audo e naturale dato anche il difetto del nostro dialetto che tende a soffocare il suono gutturale G (es. gatto in italiano atte in dialetto). Oltre alle suddette tesi esistono anche più prove concrete che il conciliabolo romano Audo si trovasse vicino al porto.

   Da ricerche personalmente effettuate in collaborazione col geom. Cupido Pietro ho portato alla luce nella zona sulla sinistra della foce del Feltrino, resti di anforoni romani adibiti al trasporto di olio e vino, materiale per mosaico, resti di vasi greci, una fibula in bronzo di un arco romano ed un paio di metri di una conduttura d'acqua potabile che giungeva fino al porto di Ortona. Quest'ultimo era un lungo acquedotto citato in molti documenti antichi. Inoltre resti di fabbricati, antichi sepolcri che agli inizi dell'800 furono riesumati e vi furono rinvenute antiche armature fra cui una lancia in rame con su incisa la scritta HERCULES VICTORIOSUS COMES di origine chiaramente preromana.

   A questo punto, senza suscitare polemiche (almeno spero) vorrei far notare che molti di questi beni storici si stanno perdendo un po' per il disinteresse totale degli organi preposti a vigilare sul territorio ed un po' per l'azione senza scrupoli di costruttori edili che pensano sia naturale nascondere per sempre valori inestimabili di proprietà di tutta la comunità. Desidererei quindi rivolgere un appello a tutti i cittadini, affinchè segnalino pubblicamente ogni intervento illegale che provochi la perdita di insostituibili reperti storici.

   La zona del porto raggiunge la sua massima importanza in concomitanza con lo splendore delle fiere lancianesi. Nel porto, però, non veniva effettuato soltanto uno scambio e scarico di merci, ma verso la metà del 1500 si ebbe anche un commercio poco edificante come quello degli schiavi slavi. Venivano venduti al prezzo di circa 60/150 ducati l'uno. In seguito l'integrazione dei suddetti schiavi nel tessuto abruzzese dette origine a vari toponimi come Villa Stanazzo o al cognome Staniscia che prendono origine proprie dallo slavo Stanich. Nel 1531 un certo Gaspare Blasetti di Murano dopo aver venduto la propria mercanzia, consistente soprattutto in oggetti di vetro, acquista un bosco in contrada Vallevò allo scopo di tagliarvi gli alberi di cui vennero venduti alcuni come assi per allestire la fiera di Lanciano e altri furono caricati sulla propria barca per essere successivamente utilizzati per alimentare i forni delle vetrerie e per non far fare un viaggio a vuoto alla propria barca.

   Il traffico del porto di San Vito era notevolmente rallentato nel periodo da agosto a maggio dell'anno dopo, cioè quando una fiera finiva e prima che ne ricominciasse un'altra.

   Spesso accadeva che alcuni mercanti durante i suddetti mesi stazionassero a San Vito o a Lanciano in attesa di poter riprendere il largo. Nel 1561 si ebbe un episodio curioso. II nobile Sebastiano Savonetto, morto appunto dopo l'ultima fiera dell'anno, quella di agosto, non trovò neppure un'imbarcazione che ritornasse nella sua terra. Il corpo fu temporaneamente disposto nella Cattedrale di Lanciano e si dovette attendere il mese di maggio del 1582 quando qualche, imbarcazione potesse trasportare il suo corpo dal porto di San Vito direttamente a Murano.

   Il porto di San Vito in questo periodo era di pertinenza di Lanciano e già nel 1463 Ferdinando I° d ' Aragona concesse ai lancianesi la facoltà di stabilire capitoli di legge e pene contro coloro che tentavano di depredare i mercanti.