Il lazzaretto di Genthin

   Il lazzaretto di Genthin ospitò Gildo (Benini) per una quindicina di giorni nella primavera del '45.

   Ecco come andò: "era un sabato e mi ero addormentato durante il turno in fabbrica. Un giovane Kapò mi vide e mi sgridò con violenza.

   Arrivammo alle mani e fui subito addosso a lui, ma sentii arrivare gente e allora mi misi io con le spalle a terra, per far credere che le stavo prendendo.

   Ci separarono, ma non ce la feci a mantenermi e da incosciente, gli dissi: "tanto tra un mese arrivano gli americani e per voi Kaputt".

   Pensavo fosse finita lì, ma il lunedì mi mandarono a chiamare.

   Non sapevo che gli alleati si stavano avvicinando veramente. I tedeschi sospettavano di sì e volevano saperne di più.

   Andai in un ufficio dove c'erano tre tedeschi e una dattilografa. Mi ordinarono di ripetere quello che avevo detto al Kapò. Feci finta di non capire il tedesco e loro me lo ordinarono altre volte e io niente. Mi riempirono di calci e colpi con un tubo dì gomma. Uno, addirittura, tirò fuori la pistola, ma le urla della dattilografa lo fermarono.

   Continuarono a colpirmi con il tubo e mi buttarono fuori a calci. Avevo il sangue che mi usciva dalle orecchie. Mi ritrovai nel lazzaretto insieme ad una ragazza malata di tisi, che poi morì.

   Avevo le orecchie tamponate e un cuscino elettrico sulla pancia che mi fece sentir meglio in qualche giorno. Dopo due settimane tornai al lavoro e dopo altre due arrivarono i nostri. Neanche lo avessi saputo!".