In questi giorni si stanno svolgendo molte manifestazioni intorno al problema della parità di diritti tra uomo e donna e già 30 anni fa sul giornale "La Ginestra" Anna Dragani affrontava questo problema con un'analisi che, a distanza di tempo, si mostra molto attuale.

   Vi riporto l'articolo in modo che possiate apprezzarne l'attualità.

Le donne "votate" alla politica

   Al dì là della imprevedibile portata del successo della Ginestra in quest'ultima consultazione elettorale, c'è altresì da riscontrare un altrettanto insuccesso delle donne inserite nella lista del gruppo stesso.

   La sconfitta però non va considerata in termini numerici, poiché 3 elette su 7 candidate rappresentano una buona percentuale, ma va considerata in termini culturali e sociologici dal momento che si è avuta una ennesima riprova dell'affermazione della cultura maschilista.

   Le tre donne sono risultate le ultime elette, con uno scarto minimo l'una dall'altra (88-92-95), mentre complessivamente si è verificato uno stacco netto tra l'ultimo eletto del gruppo maschile, con 123 voti, e la prima del gruppo femminile, con 95 preferenze.

   Questo sta ad evidenziare che in realtà le donne sono solo giuridicamente equiparate agli uomini, mentre devono faticare ancora molto per raggiungere l'uguaglianza sociale, culturale e morale.

   Ma la cosa grave è che sono le donne stesse ad impedire o a rallentare il conseguimento dell'uguaglianza con l'uomo: infatti, globalmente, le donne del Comune di San Vito costituiscono più della metà dell'elettorato, mentre hanno riportato solo il 20% delle preferenze.

   Un po' poco, per la verità, se è vero, come è vero, che c'è bisogno anche in politica di un maggior apporto di sensibilità femminile.

   E questo non vuol essere femminismo ad ogni costo, non vuole essere quel femminismo banale, becero, polemico, alla vecchia maniera, non è quel femminismo urlato in piazza che agisce certamente a sfavore delle donne, ma è un femminismo basato sui doveri prima ancora che sui diritti.

   Lo stesso Premio Nobel Rita Levi Montalcini, aprendo il 16 novembre scorso all'Università di Trieste i lavori della seconda Conferenza per la preparazione della "Carta dei doveri dell'Umanità", ha affermato che le donne sono più sensibili ai problemi della vita perchè sono esse stesse "culle di nuova vita". Perciò esse, grazie anche a due importanti componenti, come la preoccupazione del successo sentimentale e della realizzazione di sé nettamente superiori alla preoccupazione del successo sociale, hanno la possibilità dì consegnare un mondo più vivibile alle generazioni future, tutelando la dignità umana, rispettando la diversità di razza, di lingua, di religione, di cultura.

   E se non bastasse questa autorevole testimonianza, aggiungerei quella del card. Ruini, il quale in un convegno dedicato all'enciclica pontificia "Mulieris dignitatem" ha affermato che "dal contributo delle donne alla comunità civile e politica dipende, senza retorica, in larga parte, il futuro dell'umanità".

   È certo comunque che il neofemminismo sta delineando la ricerca di un nuovo equilibrio tra i sessi, un progetto di riconciliazione tra uomo e donna che superi le insufficienze di un assetto sociale patriarcale e maschilista.

Anna Dragani