Sulla vita e la morte (pensieri sparsi)
Le parole servono agli uomini per comunicare, interagire, accogliere idee, sentimenti, emozioni.
Ci sono tuttavia periodi della vita in cui alle parole il silenzio restituisce il pudore e la sacralità del dolore, il profondo e indefinibile malessere che prende forma e consistenza quando un evento tragico travolge la normalità della vita quotidiana.
Sulla vita e la morte studiosi, filosofi e poeti hanno scritto, dibattuto, scandagliando i recessi dell'animo umano e proprio le parole sono state uno strumento di indagine e interpretazione della realtà nei suoi vari aspetti.
Per noi comuni mortali spesso le parole diventano un vuoto contenitore di promesse, aspettative, desideri, rabbia e insofferenza, parole usate e spesso abusate, riempite e svuotate in fretta come un peso dal quale liberarsi.
Ci sono momenti in cui il silenzio diventa una carta assorbente, il filtro che decanta il prima e il dopo, il passato e il presente, il sorriso e il pianto, il dolore e la gioia.
Di fronte alla morte siamo sempre impreparati, attoniti, stupiti e inesorabilmente soli, il buio dell'incomprensibile passaggio ci rende facili prede del dolore e della disperazione, dell'impotenza che cementa il corpo e l'anima come un muro di contenimento e di accanita difesa contro tutto e tutti.
E, nonostante tutto e per fortuna, la vita è sempre lì, attorno a noi, sempre pronta a stupirci con le sue manifestazioni, espressioni di bellezza e incanto con le quali poter illuminare gli occhi e il cuore, la ragione e il sentimento.
Mi ricordo di aver letto da qualche parte che il dolore fortifica i deboli e indebolisce i forti, non so se è vero ma certamente davanti al dolore diventiamo tutti uguali, ognuno con il proprio bagaglio di nostalgia e rimpianto, di cose non dette, quelle domande alle quali siamo sempre in attesa di risposte.
Laura Alberico