I sanvitesi ed il mare (15)

   Negli anni del dopoguerra la pesca veniva “esercitata un po’ dappertutto in modo saltuario e con i mezzi più disparati” la maggior parte del pescato proveniva soprattutto dai porti di Ortona, San Vito e Vasto ma si trattava di una attività condotta con motopescherecci e motobarche che avevano “attrezzature antiquate” che non consentivano il “raggiungimento del massimo della produzione [1]

   La produzione del pescato a San Vito variava annualmente dai quattromila ai seimila quintali con un valore di circa 60 milioni. Cifre nettamente inferiori a quelle di Ortona e di Vasto che potevano contare sull’attività di 22 motopescherecci la prima e di 18 la seconda.[2]

   Prima dell’ultima guerra mondiale la Borgata Marina vedeva ancora una frenetica attività: tutto il lavoro che ruotava intorno alla pesca si svolgeva presso i magazzini situati sulla spiaggia dove vi fu anche l’ultima sede del mercato del pesce situato in precedenza nei pressi del ristorante “L’Angolino”.

   Presso il “Colle”, luogo di residenza di quasi tutti i marinai, pescatori e paroni di barche, si procedeva principalmente alla fabbricazione delle vele a cui erano dedite in particolare le famiglie di Luigi Scoccimarra (1897) e Carmine Flamminio (1901).

   Dopo la seconda guerra mondiale con il porto inutilizzabile la vita dei pescatori e di chi traeva dal pescato un minimo di sussistenza si fece sempre più difficile e si ebbe quel fenomeno particolare di emigrazione che ha portato i nostri pescatori e qualche paranza a dirigersi soprattutto verso la Liguria dove ancora oggi da Imperia a Camogli, da Genova a S. Margherita Ligure è facile imbattersi con qualcuno che parla il dialetto sanvitese.

   Ora al “Colle” non c’è più quella serie di personaggi che davano vita ai luoghi che frequentavano, che impregnavano le strade, i vichi e persino l’aria di quello strano odore di mare misto alle esalazioni di nafta ed al trinciato forte avvolto in cartine con gesti talmente naturali e ripetitivi tali che la sigaretta era pronta nel giro di qualche secondo.

   E soprattutto le donne dei pescatori, quelle che si affacciavano al Belvedere che, riconoscendo ognuna la barca del proprio marito, accompagnavano con la preghiera il salpare verso quel mare che non è stato sempre benevolo.


[1] M. Arpea “Saggi sulla società abruzzese. Negli anni della ricostruzione e della crescita economica – Ed. REA L’Aquila 2012, pag 98.

[2] ivi pag 170 n. 7

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   Il ricordo dei sanvitesi ed il mare si conclude con questa puntata, ma non possiamo fare a meno di rivolgere un grato pensiero all'autore di questa storia, Tonino Iarlori, che purtroppo ci ha lasciati prematuramente.