Rovistando nell'archivio della Ginestra ho ritrovato un file inviatomi dal mai troppo compianto prof. Antonio Iarlori. In questo file si tratta della storia dei sanvitesi in mare. Pubblichiamo questo suo lavoro, perchè penso che possa essere interessante rivisitare la storia del nostro paese.
I sanvitesi ed il mare (1)
Tralasciando la storia antica con i suoi ami in bronzo ed i pesi in terracotta per le reti del I sec. d.C. e che testimoniano duemila anni di attività marinara, diamo di seguito un accenno a quegli avvenimenti che, tra la fine del XIX ed i primi decenni del XX secolo, portarono San Vito ad essere uno dei principali porti pescherecci, ed in qualche periodo se non il primo, del tratto di costa compreso tra il Tronto ed il Fortore ma soprattutto a creare quell’identità marinaresca che ancora oggi si ricorda con un sentimento di nostalgia misto ad orgoglio per un passato ricco di episodi di vita comunitaria difficilmente ripetibili.
È noto che nei primi decenni del 1800 si assiste alla lenta ed inesauribile scomparsa dell’antico Porto di Gualdo, baluardo militare e sito di commerci mediterranei che verrà soppiantato da quell’area peschereccia con paranze e paranzelle e trabaccoli (Foto 1) al posto delle galee e velieri e con pescatori e marinai a sostituire cooperative di scaricatori di porto e comandanti di regie fregate e corpi di guardie costiere.
Non che la pesca, come si accennava all’inizio, fosse un’attività secondaria: a San Vito si è sempre pescato fin dall’antichità, basti pensare agli attrezzi da pesca rinvenuti nel sito archeologico di Murata Bassa ed attualmente esposti nelle sale del Polo Museale di Santo Spirito a Lanciano.
Nei primi decenni del 1800 San Vito era già nota sia per la sua flotta peschereccia sia per i suoi “maestri d’ascia”, i cosiddetti “calafati”. Nel 1821 la nostra cittadina “si andava affermando come la località costiera con la marineria più florida del territorio abruzzese”[1]. Nel 1838 nei cantieri alla marina di San Vito furono costruite 12 barche, 10 paranzelle, 11 paranze ed 11 pielaghi (Foto 2), per un totale di 44 imbarcazioni con Ortona unica concorrente (42), distanziando di molto le altre località costiere come Vasto (16), Termoli (15) e Pescara (11).[2]
Foto 1 - Il Trabaccolo: tipica imbarcazione di tutto l’Adriatico di cui esisteva la versione da carico e quella da pesca. I trabaccoli motorizzati furono requisiti per scopi militari nelle due guerre mondiali sia per la robustezza sia per la capacità di carico. (A. Cherini – E. Gellner Il trabaccolo dell’adriatico e il pielego – Trieste 2009 pag. 1)
Foto 2 - Il pielago, o anche “pielego”, versione ridotta del trabaccolo che porta a poppa in luogo della vela originaria una randa. (A. Cherini – E. Gellner Il trabaccolo dell’adriatico e il pielego – Trieste 2009 pag. 2)
[1] D. Dell’Osa, Uomini e barche: la pesca nell’Abruzzo preunitario in Pesci, barche, pescatori nell'area mediterranea dal Medioevo all'età contemporanea a cura di Valdo D'Arienzo e Biagio Di Salvia. Ed. Franco Angeli, 2010 Milano, p. 472
[2] G. Albi, L'Abruzzo marittimo, Casalbordino, N. De Arcangelis, 1915, p. 62