Iniziamo l’attività di questo nuovo anno con un gradito dono della prof.ssa Adelia Mancini.

I “sentimenti”

   Il video è passato sullo schermo per qualche minuto e non è stato subito comprensibile che il corpo accartocciato sulla carrozzella era quello di una ballerina spagnola, un tempo bellissima.

   Le mani, sì, quelle erano inconfondibili, lunghe, diafane, dalle dita affusolate, eleganti, nonostante la ragnatela di vene e capillari.

   Le cuffiette le trasmettevano una musica a lei nota. Con le mani accennò qualche movimento, ma le lasciò subito ricadere, quasi inerti.

   Ma appena il suo accompagnatore ne sollevò una e gliela baciò, lei alzò con forza ritrovata le braccia, tracciando nell’aria quasi un volo d’airone, mentre le mani volteggiavano eleganti e flessuose come ali di farfalle.

   Miracolo di un gesto!

   Omaggio ai vecchi della mia infanzia, questo “arabesco”, già noto, per una lettura o una rilettura.

   Buon anno!

a.m.

 

LI SENTIMIENTE

-      Se n'à 'scite! N'ariffile cchiù! -

   Iattura grande per tutti in casa. Il vecchio che fino a qualche tempo prima, forte come una quercia, era stato partecipe e prodigo di consigli, era ormai fuori dal solco e non più in grado di andare a filo.

-             Ogne parole nu teštamente! –

   All’improvviso "'n ci štave, cchiù". Lo vedevamo ammucchiato nel letto o "appiccunite" sulla sedia vicino al fuoco d'inverno, a scaldarsi al primo sole di primavera, all'ombra dell'albero "nnienze a la case" d'estate.

- Va ssalute nonne! -

   Andavamo ubbidienti e guardavamo con dolente stupore il viso e le mani farsi ogni giorno più ossuti e grinzosi, lo sguardo sempre più assente.

   Tenevamo per lui "lu manire" per aiutarlo a bere e, se i grandi erano troppo impegnati per le loro faccende, lo imboccavamo come un bambino. Mai nessuno diceva: - S'à rimbambite! –

   L'educazione al rispetto del vecchio cominciava presto e resisteva tenace. Ancora oggi provo disagio se devo dire "demenza senile".

- Mitte le cazzette a nonne! -

   Prima d'infilargliele ci soffiavamo dentro con l'a­lito perché gli si riscaldassero un po' i piedi che avevamo toccato, freddi.

   Eravamo contenti se invece dicevano: - 'N 'core li perde li sentimiente. Capisce, eh se capisce! La cocce li te' a ppošte! -

   Aveva ancora la facoltà, la consapevolezza, il con­trollo dei gesti, degli affetti, delle emozioni.

   Potevamo contare su carezze, benedizioni, “ménele e caracine” e, con più fortuna, qualche caramella.

(Da Arabeschi di parole di Adelia Mancini)