La Via Verde e la storia

di Antonio de Nardis

 

   Passeggiando lungo la Costa dei Trabocchi sulla Via Verde si possono notare tantissimi scorci marini, riascoltare infinite storie che riaffiorano prepotentemente nella propria mente e scoprire particolari curiosità che si pongono all’improvviso davanti ai propri occhi. Ed ora vi parlerò di qualcosa che non mi aspettavo di trovare per nulla davanti a me. Un occhio poco attento non ci avrebbe fatto proprio caso, ma chi invece ha tanta voglia di conoscenza come me assorbe come spugne tutto ciò che vede e si interroga violentemente su ciò che non sa. Così poi è andata in questa soleggiata, calda e tersa mattina di luglio.

   Dopo un lungo cammino che è partito dalla Marina, mi sono incamminato in direzione sud. Sono arrivato in prossimità della località Valle Grotte e lì ho deciso di fare dietrofront; così ho trovato davanti a me qualcosa di curioso davanti a me all’imbocco della galleria appena attraversata sotto cui fino a poco più di 10 anni fa sfrecciavano i treni della linea adriatica. Quel qualcosa di nuovo e di curioso di cui parlavo poc’anzi che è apparso candidamente sotto ai miei occhi lo potete vedere adesso anche voi in foto:

 Foto di Antonio de Nardis

 

   Ecco che uno strano simbolo di un animale particolare con la scritta SAEC – 1944 mi stimolava curiosità e mi riaccendeva nella mente i racconti di mia nonna che aveva vissuto la tragica esperienza della Seconda Guerra Mondiale. Lei mi raccontava che i soldati indiani arrivati a San Vito durante la guerra ricostruirono molte delle opere pubbliche distrutte dai soldati nazisti in ritirata e ho pensato che potesse essere stata opera loro. Cosa rappresenterà quel simbolo? Ma sarà andata veramente così come mi aveva raccontato nonna? Per cosa stava quella sigla SAEC? Queste erano le domande che rimbombavano nella mia mente e ho quindi pensato chiaramente di fare una ricerca in internet che – fortunatamente! – ha dato esito positivo.

   Leggendo leggendo, ho scoperto che la sigla SAEC stava per South African Engineer Corp (Corpo degli ingegneri del Sudafrica, traduzione mia) e che la sua denominazione completa era Railway construction Engineers, S.A.E.C. (Ingegneri per la ricostruzione delle ferrovie, S.A.E.C., traduzione mia). Questo corpo militare era sbarcato nel Sud Italia già nel 1943; avendo ora tutte queste informazioni, facilmente si può affermare che la ricostruzione della nostra ferrovia adriatica è stata svolta da un corpo sudafricano dell’esercito imperiale britannico.

   Infatti, da quanto si apprende nel sito che ho indicato nelle note precedenti, il loro compito era quello di riprogettare e ricostruire le linee ferroviarie italiane inservibili e distrutte dagli eventi bellici. Ci appare ora chiaro l’intento britannico: ristabilire queste linee di comunicazione via terra al fine di favorire l’avanzata delle forze alleate verso nord, duramente messe alla prova dai sabotaggi fatti dai soldati nazisti ai nostri ponti, ferrovie e strade principali. Alla fine a noi, invece, è rimasta una infrastruttura ferroviaria che dalla fine del 2° conflitto mondiale ha visto viaggiare i nostri treni fino al 2006, anno della definitiva chiusura della vecchia linea adriatica.

   Dopo questa piccola scoperta ho avuto ancora di più la certezza che la Costa dei Trabocchi è un gioiello in tutti i sensi… un gioiello di natura, di mare, di bellezza, di arte, ma anche di storia!


 

[1] Informazioni tratte dal sito [http://www.trenidicarta.it/reconstruction/1_2_1.html] (ult. cons. 02.07.2019).

[2] Nel 1944 il Sudafrica non era ancora indipendente dall’Impero britannico (NdR).