Omaggio a Ericle D'Antonio
Il testo che segue è stato pubblicato sulla Rivista Abruzzese (Anno LiV, 2001, n. 3) quale recensione al volume curato da E. Giancristofaro: Ericle D'Antonio, Per la scuola e la cultura, 2001.
La ripropongo quale omaggio personale e perchè tocca un aspetto che nella cornice degli interventi della recente manifestazione mi è sembrato che sia rimasto un po' in ombra.
"Non sono stata allieva del Prof. Ericle D'Antonio, pur avendo frequentato il "mitico" corso C, perché il "professore" era già passato sulla cattedra di italiano e latino del corso A, e tuttavia quelle diseredate classi ebbero insegnanti che segnarono la loro formazione, quali Gigino Morgione e Giuseppina Ciampoli.
Ma con il professor D'Antonio e gli altri che da S. Vito salivano a Lanciano con la Sangritana ho avuto una lunga consuetudine per avere viaggiato insieme a loro.
Il Preside D'Antonio è stato invece il mio primo preside. Mi espresse stima e mi diede fiducia, assegnandomi l'insegnamento di latino e greco in un triennio liceale e fingendo di ignorare la mia paura quando miaccompagnò in classe (così usavano i presidi) in quel lontano ottobre del 1964.
Il mio intento non è di aggiungere un'altra testimonianza a quelle che già corredano magistralmente il volume, quanto piuttosto di esplicitare l'emozione avvertita nel ripercorrere le pagine scritte da Ericle D'Antonio, rivederne la figura e i tratti del viso, ritrovare un amico e avvertire dolorosamente il rimpianto per averlo perso troppo presto.
E' stata opera davvero meritoria aver riproposto in una sintesi ordinata i suoi saggi, rigoroso lavoro di un uomo di cultura, nel mentre pullulano d'ogni dove saccenti e giullari, saggi e scritti che ancora s'impongono per l'impianto solido, la lettura seria dei testi, il linguaggio sobrio, l'accurata bibliografia.
Interessi vari e per vari autori; indagini ampie ed accurate, segnate sempre dalla chiarezza del taglio didattico, come forme e caratteristiche della letteratura italiana del primo novecento, pubblicata nel 1962, quando l'attenzione della scuola per questi aspetti era ancora limitatissima.
Ericle D'Antonio sollecita invece il suo uditorio (insegnanti elementari ad un corso d'aggiornamento) con riferimenti puntuali all'interno di un panorama molto vasto, nel mentre sottolinea gli influssi esercitati dalla cultura francese sulla poesia di Ungaretti e di quella inglese sulla poesia di Montale. Sul versante della prosa la rassegna è altrettanto perspicace fino a trattare della narrativa di Italo Svevo e della sua "triestinità" e a fare un riferimento notevole a Renato Serra, ancora oggi lasciato ai margini della conoscenza e non solo scolastica.
Sul D'Annunzio il suo intendimento di ricerca torna più volte e non solo, certo, per la suggestione esercitata dall'aura dannunziana nella nostra San Vito, ma perché, condividendo la linea suggerita dall'intervento di Salvatore Battaglia al convegno per il centenario dannunziano (1964), riconosce al vate un'importanza storica che va oltre quella rappresentata dal Carducci e dal Pascoli. "Nel complesso degli studi dannunziani di quest'anno centenario, quello del Battaglia è di indubbio interesse non solo perché sono assenti i veleni politici, così virulenti ancora in molti studiosi, ma soprattutto perché torna a riproporre il notevole valore artistico del primo periodo dell'arte dannunziana, periodo rimasto in ombra dopo la fortuna della prosa "notturna".
Tra gli altri saggi spiccano per originalità d'impianto e sensibilità di lettura La maremma nella poesia di Carducci (Ausonia, 1964) e La poesia latina di C. De Titta (Dimensioni, I960), quest'ultimo uno dei pochi oculati scritti nella bibliografia del poeta, frutto di un'attenta e seria disamina dei testi. La lettura del paesaggio nell'opera carducciana si snoda lungo un percorso le cui linee seguono, pur nella serenità classica, i sentieri della nostalgia e del ricordo. Paesaggio mutevole e vario quello della maremma che evoca il senso tutto romantico della "rimembranza", "per cui il ricordarsi fu dolcissimo anche per il Carducci", oltre che per il poeta di Recanati. Credo di capire che il Carducci sia stato uno dei poeti più amati e meglio letti da Ericle D'Antonio per una sorta di intima e inespressa adesione, tale tuttavia da fargli affermare in modo incontrovertibile e con notevole anticipo sui tempi di "rilettura" di questo poeta: "restano dunque, le liriche ispirate alla maremma, fra le gemme più pure e durature della lirica italiana, perché esse rappresentano un momento ideale nello svolgimento storico della poesia italiana, lontane come esse sono dalla sciatteria del secondo romanticismo e dall'orgia sensuale di tanta poesia posteriore al Carducci".
Su Itinerari, nel 1973, fu pubblicato La poetica della storia in Alessandro Manzoni, un saggio di grande chiarezza e, direi, quasi testamento spirituale. Sottolinea, infatti, con decisa insistenza che nella Lettre à M. Chauvet è riaffermato "il principio che l'arte non può essere puro divertimento, ma è impegno etico e sociale".
Ed impegno etico e sociale è stato il magistero del Prof. Ericle D'Antonio.
(Adelia Mancini)