Nell'aprile del 1996 abbiamo pubblicato sulla Ginestra un articolo della professoressa Adelia Mancini sulla zona di Trasbordo. Oggi, 4 marzo 2012, in occasione della manifestazione che si terrà sul tracciato della vecchia ferrovia vogliamo riproporlo come contributo al ricordo della vecchia ferrovia.

   La verde valle di trasbordo

   Era la "verde valle" di trasbordo nel ricordo di quanti, lasciata loro malgrado San Vito, inviavano lettere piene di rimpianto.

   Il toponimo nel linguaggio comune abbracciava l'intera conca del Feltrino dal casello ai piedi della Murata fino all'attuale campo sportivo.

   La memoria ne rivede il verde dei pioppi e dei prati incolti, delle canne e delle erbe palustri, gli orti e le strisce di terra coltivata, le fratte di more nel sole dell'estate, ritagliandosi una sorta di locus amoenus. richiamo potente per fantasticherie e trasgressioni.

   Oltre alle passeggiate consentite per scampagnate e raccolta di maggiorana, le fughe erano dirette alla piattaforma, un trancio di binario su una cavità circolare che i più grandi facevano girare mentre i più piccoli s'illudevano di andare in giostra e sotto il quale ci si nascondeva per giocare "alle casette", insensibili alle voci degli adulti.

   Gradualmente, con graffi sempre meno superficiali e ferite sempre più profonde, la verde valle di trasbordo ha mutato aspetto e destinazione, stravolta ormai nella sua originaria topografia.

   Nel mare di cemento che l'ha invasa si stenta a ricomporre i tasselli e grande è lo smarrimento che si avverte di fronte a strade, muri e terrapieni che appaiono ciclopici se rapportati all'armonia delle dimensioni cui l'occhio ha fissato quel paesaggio.

   Il deposito merci che si sbriciola ormai per l'oltraggio delle intemperie e l'incuria degli uomini, la stazione chiamata di "trasbordo", i vecchi carrelli da museo, relitti del passato, l'imponente gru arrugginita, sembrano malinconicamente chiedere quale sorte li attende e quanto mutati dovranno apparire agli occhi di chi li ha visti ed amati in altre stagioni.

   Diverso si profila anche il tracciato della ferrovia Sangritana, sì che si è visto da qualche tempo fendere campi, sventrare capanneti, caparbiamente procedere su nuove diritture.

   Quanto rapida diventerà la corsa del treno che arrancava tra curve e curvoni, sfilando in bella mostra sull'ardita architettura del ponte, sbucando, superate le gallerie, alla stazione del paese dove i miei compagni della Marina, ritardatari, facevano ancora in tempo ad acciuffarlo, rincorrendolo per la scorciatoia delle scalette o quella del mulino?

   Dalla paideia di mio nonno sui fatti locali e storia patria in generale avevo appreso che l'attuale percorso dalle così ampie giravolte era stato voluto da quel nobiluomo che è stato Tommaso Nobile, un percorso tra l'altro (ma questo lo diceva a bassa voce) che gratificava anche il suo bel casino.

   Che ne sarà ora del vecchio percorso suggestivo dappertutto, ma in particolare nel tratto che tutti i viaggiatori aspettavano per bearsi della vista di un panorama irripetibile per il quale provavano il brivido di un salto quasi nel mare?

   Non sappiamo se sono necessità costrittive quelle che chiedono; tali vittime sacrificali, ma il prezzo pagato ci appare parecchio alto e non possiamo non rammaricarcene.