Il trabocco - 2

   Pubblichiamo la seconda parte di un articolo della professoressa Mancini, già pubblicato sul periodico Terra e Gente, in merito all'origine della parola trabocco.  

   In un interessante testo I gessi di Gessopalena e della valle dell'Aventino (2003) gli autori G. Di Falco, A. Manzi, C. Manzi illustrano il meccanismo del frantoio "a trabocco" una macchina realizzata in legno di rovere, "costituita da quattro sostegni verticali: due nella parte anteriore e due nella parte posteriore che reggevano e guidavano una grossa trave. All'estremità di questa era collegato, per mezzo di una grande vite, un masso di pietra (lu penelóne) che fungeva da contrappeso e ne permetteva I'abbassamento o I'innalzamento"

   Nè più nè meno che il maestoso torchio descritto da Plinio il Vecchio (I sec D.C.), vero capolavoro di ingegneria contadina in quel complesso eccezionale che era il trapetum romano.

   Altrettanto interessante mi si è rivelato un ormai raro volumetto I trabocchi. Macchine da pesca delta costa adriatica (1999) in cui gli au­tori P. Barone, L Marino, 0. Pignatelli rilevano, tra l'altro, che "se la presenza di un'attività cantieristica ha rappresentato il mezzo che ha facilitate la realizzazione dei tra­bocchi, le cause che ne hanno stimolato la creazione vanno ricercate nelle singolari caratteristiche sociali e cultural! delle popolazioni". Riferendosi nello specifico ai tra­bocchi del Gargano notano che "spesso hanno per sfondo una masseria proprio a due passi dal mare" e che "i trabocchi li hanno fatto i massari gente che col mare se la dice poco. Massari e contadini si sono fatti appaltatori senza essere marinai".

   Le tecniche avrebbero potuto derivarle "da quelle costruttive nayali, dai mastri d'asce e dai calafati ed efficacemente adattate alla realizza­zione dei trabocchi".

   E sono proprio "le singolari caratteristiche sociali e cultural!" che avrebbero stimolato la costruzione dei trabocchi sulla costa omonima a non essere cosi chiare e incontrovertibili, nonostante appassionate ipotesi che vorrebbero mostrarsi in tutto risolutive.

   Sulle brevi alture degradanti verso il mare il contadino che coltiva la striscia di terra strappata ai boschi, stretta e poco fertile se non fosse per i grigi filari di ulivi, qualche vite bassa, canapa e lino, pochi cereali, acque e peschiere per orti e più tardi i frutti "aurati" degli agrumeti, il contadino che respira salsedine, che può catturare pesci se solo scende sugli scogli o trovarli sulla spiaggia dopo le mareggiate, il contadino che del mare può avvertire il respiro di notte e scrutarne l'umore di giorno, perchè dovrebbe nè conoscerlo, nè praticarlo?

   Pescare da fermi in posizione avanzata rispetto alla linea di costa assicura dominio sull'acqua e abbondanza di pescato.

   Sulla costa rocciosa, dove una lingua di terra scivola sull'acqua, consentendo un approccio agevole, e un rosario di scogli segna un insolito e ardito passaggio, egli può farsi costruttore di "fragili resistenze" piattaforme elementari, dépendances sul mare, sulle quali scandire all'unisono, o in alternativa, tempi e stagioni della vita di contadino.