Il trabocco

   Pubblichiamo la prima parte di un articolo della professoressa Mancini, già pubblicato sul periodico Terra e Gente, in merito all'origine della parola trabocco.

   Dallo smeraldo cristallino del mare si alza su pali lunghi e sottili, tremolanti come zampe di giovane giraffa, il "Trabocco di San Vito", acquerello (1907) di Michele Cascella. Elementi essenziali, tracciati con mano maestra, tra i quali domina la macchia ferrigna del capanno. Aperta e luminosa la rete.

   E come sarà stato il trabocco nel "Pastello" di Francesco Michetti a cui si accenna nella lettera di d'Annunzio a Barbara Leoni del 14 giugno 1891? "[...] Ciccillo è disceso al trabocco per lasciarmi libero e per fare il Pastello promesso [...]. E’ bellissimo e rappresenta una grande zona di paesaggio con tali particolarità che tu potrai riconoscere tutti i luoghi [...]''.

   Diverse e contrastanti le coordinate storiche restituite dai diversi studiosi per imbrigliare la fluttuante data della costruzione del primo trabocco sul quel tratto che è oggi la "Costa dei trabocchi''.

   Li poteva già ammirare Pietro da Morrone che nel 1240 iniziava il suo corso di studi nel monastero di San Giovanni in Venere, come scrive Padre Stefano Tiraboschi dell'Ordine celestiniano nella Vita Sanctissimi Petri Celestini (A. Piccirilli) oppure sono stati i wirr, arrivati dalla Francia nella seconda metà del '600, "che non sapevano navigare, nè nuotare, ma erano geniali e abili pontieri" a gettare "ardite passerelle sull'acqua, di scoglio in scoglio?" (P. Cupido, Trabocchi, Traboccanti e Briganti, 2004).

   Nella sua Storia di Ortona (2004) A. Falcone accerta che "solo nel 1800, accanto alle paranze e alla pesca con reti da terra, è testimoniato I'inizio in Ortona di pesca con i trabocchi". Il 3 settembre 1849 i decurioni autorizzano Giuseppe Zanchi a "situare sulla scogliera i cosiddetti trabocchi con delle reti ad uso di pesca”. I decurioni stabiliscono anche un canone di tre ducati l'anno che il concessionario del diritto di pesca dovrà pagare al comune.

   Altrettanto intriganti e variegate le ipotesi etimologiche. Da trabocco "antica macchina guerresca costituita essenzialmente da una grossa trave di varia lunghezza ruotante attorno a un perno e utilizzata per lanciare pietre o fuochi a somiglianza delle grosse balestre"? Attestato in Boccaccio e risalente al sec. XIV, il termine deriverebbe dal provenzale tabuc dal quale trabucar, far cadere, quindi "abbattere le mura nemiche per mezzo del trabocco".

   Da trabocco "bilancino usato anticamente per verificare il peso delle monete"? In questo caso il termine è attestato a partire dal 1840.

   Secondo il Dizionario della lingua italiana (ed. 2004-2005) del Devoto-Oli, dal quale derivano pure le precedenti definizioni, trabucco "rete da trazione verticale in uso lungo le coste delle Marche e degli Abruzzi" compare solo a partire dal 1932. Eppure sul Vocabolario dell'uso abruzzese (ed. 1880) di G. Finamore la definizione di trabbócche e la seguente: "Grave e lunga leva da spremere le olive infrante" e subito appresso "ordegno per pescare il pesce presso gli scogli".