I trabocchi e il silenzio
Ho ricevuto con grande piacere dalla professoressa Adelia Mancini due suoi articoli riguardanti i trabocchi e che sono stati già pubblicati sulla rivista "Terra e Gente" del 2011.
Pensando di far piacere ai visitatori di questo sito, ne inizio la pubblicazione.
Lungo la linea di costa, ora più morbida rispetto al passato per effetto di un'erosione inarrestabile, prominente sul mare, le punte addolcite dei promontori ospitano trabocchi vecchi e nuovi.
Osservati dal mare in un tramonto d'agosto, si aprono a corona, una raggiera luminosa di antenne e iridescenza di reti.
Dei trabocchi, oggi, si parla e si straparla; oggetto da anni di conferenze di servizio, sulle quali il silenzio cala presto, essi subiscono rassegnati la violenza di molti elementi, e non solo naturali.
La pubblicità di un hôtel, ad esempio, recita che esso si affaccia "in un suggestivo angolo dell'Adriatico, dominato dal promontorio del Turchino, chiamato così per la trasparenza del suo mare [...]".
E forse il caso che il Trionfo della morte divenga un libro imposto quale lettura preventiva a quanti parlano e scrivono dei luoghi dannunziani, cosi da evitare errori grossolani, cadute di stile, aria fritta contrabbandata per profumo di zagara. La pagina dannunziana è chiara. Basta leggere il breve colloquio tra Candia e Giorgio che è appena rientrato con Ippolita, sconvolti dalla visita al bambino succhiato dalle streghe.
Dice Candia: "Vedi questi pesci? Vengono dal Trabocco. L'ha portati Turchino...''.
E abbassò la voce.
"Vuoi sapere?" Turchino è sotto una fattura, con tutta la sua famiglia, da quasi un anno; e non s'è liberato ancora".
"Chi è Turchino?" chiese Giorgio, che pendeva dalle labbra della donna, attratto da quelle cose misteriose". "L'uomo del Trabocco?"
E si ricordò di quel viso terreo, quasi senza mento, poco più grosso di un pugno, da cui sporgeva un lungo naso, aguzzo come il muso di un luccio, tra due piccoli occhi scintillanti. "Si, Signore. Guarda là. Se hai buona vista, lo puoi scorgere. Stanotte pesca con la luna”.
Il nome del proprietario passò al Trabocco, quindi alla lingua di terra ora praticamente erosa.
Ma l'ignoranza non è l’unica iattura che i trabocchi corrono.
Dispiace che alcuni vengono corredati da sovrastrutture che offendono la sacralità dettata da un'architettura essenziale e complessa nel contempo.
Dispiace, inoltre, che siano in molti a credere che la loro sopravvivenza sia garantita dalla trasformazione neanche tanto subdola in ristorante per cene "in" o quant'altro. Bisognerebbe piuttosto augurarsi l'istituzione di una scuola per giovani desiderosi di apprendere l'arte di costruzione dei trabocchi prima che scompaia del tutto la rarissima specie di esperti.