Il paradiso
A Roccacastello le votazioni per l’elezione del sindaco e del nuovo consiglio comunale sembravano essere ormai un lontano ricordo.
Adesso, però, c’era un nuovo clima, tutti inneggiavano alla riconferma del vecchio sindaco. Il paese stava vivendo una fase nuova e all’interno delle mura del Palazzo sembrava di essere come in una grande famiglia. Una famiglia allargata, un famiglia in cui venivano coinvolti tutti. Dal parente più stretto ai pronipoti. Tutti i cittadini erano diventati “parenti” fra loro. Senza nessuna discriminazione anche verso coloro che avevano frequentato sezioni elettorali avverse. Tutti facevano ormai parte della “famiglia”.
Lo Stato aveva anche dato la possibilità di dare lavoro ai “CO-CO-PRO”. La sigla, purtroppo, non era stata interpretata nel modo corretto. Pensavano tutti che si trattasse di “COgnati-COmare-PROfessionisti”, ed ecco che l’amministrazione, spinta dalle leggi dello Stato, ma soprattutto da quello stretto legame famigliare con tutti i cittadini, non poteva sottrarsi ad un tale dovere e si vide costretta a “ringraziare”, direttamente o indirettamente i “CO-CO-PRO”. Chi ricevette posti di lavoro, chi aumenti di stipendio, chi addirittura aveva ottenuto un posto di lavoro per aver contribuito ad unire i vari componenti della “grande famiglia” come sensale di matrimoni.
Tutti si sentivano finalmente liberi.
Mai vista una tale felicità negli occhi della gente. Basta con le imposizioni, l’ordine a tutti i costi, la parola d’ordine era “carpe diem”.
Insomma, una generale e splendida anarchia. Chi voleva lavorare quando gli pareva poteva farlo senza chiederlo a nessuno. Chi voleva andare in pensione ora ci rinunciava. Chi dopo tanti anni era riuscito a sedersi dietro una scrivania addirittura adesso preferiva tornare a fare l’operaio o viceversa. Chi iniziava a lavorare alle 8, chi a mezzogiorno, chi le sue sei ore se le faceva da mezzanotte alle sei di mattina. Anche se le casse comunali non erano floride si dispensavano assegni e posti di lavoro. E tutti erano contenti. Non c’erano più obblighi, nei corridoi del palazzo venivano persino affissi tutti gli articoli dei giornali e dei partiti avversi che si ritrovarono spiazzati da tanto onore. Non era obbligatorio neanche l’uso della lingua italiana, il vernacolo era preferibile specialmente con qualche lieve volgarità.
Nessuno, a Roccacastello, nemmeno gli ultra ottantenni ricordavano un periodo così felice. Un vero paradiso!