Quando si costituisce una lista elettorale, si sottoscrive, da parte dei componenti, un programma che raccoglie le idee e le volontà comuni a tutti i futuri consiglieri. Una lista elettorale, però, non è un esercito dove è obbligo del soldato obbedire senza fare domande e chiedere spiegazioni.
Una lista elettorale è composta da cittadini, si presuppone, democratici sul cui voto si regge la legittimità delle decisioni prese, qualsiasi sia la funzione assunta. Questo modo di associarsi, però, non può impedire ad uno o più dei suoi componenti di cambiare idea ogni volta che costoro lo ritengono indispensabile a garantire le proprie convinzioni e la propria libertà di giudizio.
Il principio di lealtà verso i componenti della stessa lista è, sì, importante, ma non può imporre ad un consigliere di non dissentire. Infatti, secondo me, la sovranità del giudizio individuale deve essere il principio che giustifica il governo democratico della cosa pubblica. Certo se il dissenso è motivato da interessi personali o materiali il discorso cambia.
Anni fa ero consigliere comunale e segretario di sezione del PCI di San Vito e bisognava eleggere il sindaco e il candidato era Rosario Bucciarelli. La decisione del partito fu di votare contro, ma io votai a favore in dissenso col mio gruppo consiliare. Il mio giudizio individuale prevalse sul principio di lealtà verso i miei compagni di partito, ma mi assunsi la responsabilità e el conseguenze del mio gesto.
In questi giorni ci sono polemiche sul comportamento di due consiglieri di maggioranza, che, molte volte, fanno prevalere il giudizio personale in merito alle decisioni prese dalla maggioranza a cui appartengono e vengono accusati di slealtà e incoerenza, ma non sono più condannabili quei consiglieri, che votano di tutto e di più anche se non sono sempre convinti di quel voto? Costoro dovrebbero capire che una lista non è un esercito dove si obbedisce senza discutere, perché in questo caso la parola da usare è un’altra: complicità. (WdeN)