Corsivi
Corsivo... (Settembre 1992)
Come
fra i vini, nella Giunta comunale ci sono i democristiani DOC, col certificato
di origine, e quelli da tavola (o da pasto), provenienti da altri vitigni. Qualcuno di
questi ultimi - da pasto, per intenderci - prima, nei magri vigneti di
provenienza, urlava, sbraitava, non tollerava obiezioni. In una parola: non sapeva
incassare. Ora, nelle grasse terre democristiane, pare che non si agiti più di tanto,
non urla, e soprattutto non se ne va. Si vede che qualcosa ha imparato fra i
DC. A incassare.
Ufauffa (Ottobre 1992)
Ad opera di ignoti, va in giro un foglio
chiamato, chissà perchè, "Insieme per San
Vito". Noi ci permettiamo un sommesso
consiglio: cambino nome. Visto che di San Vito non parlano, e sembrano provenire
da un altro pianeta, UFO non sarebbe male, come nome, AUF (o "a uffo", è lo stesso) andrebbe anche meglio. Secondo
alcuni studiosi, la diffusa espressione per dire "a sbafo" deriva
dalla scritta sulle navi, che trasportavano alimenti all'antica Roma: Ad Urbem Ferunt (A.U.F.)
cioè "portano a Roma", e pertanto non pagavano pedaggio nei porti. Un
nome adatto, specie per chi si è assunto il compito di "portare a
Roma" il locale onorevole. Terza ed ultima proposta: a sentire i commenti,
che circolano a proposito di quel giornale, il nome potrebbe essere UFFA. UFO-AUF-UFFA:
possono scegliere in piena libertà, il consiglio è gratis, "a uffo".
Mezze misure (Gennaio 1993)
Diverse
persone sedevano stanche attorno ad un tavolo, al cui centro era collocato un
bicchiere, riempito esattamente a metà di vino - un bianco scadente, in verità.
La discussione, dapprima animata e vivace, ma oramai languente, verteva sul
problema che affligge l'umanità sin dagli albori: e cioè se un bicchiere in
quelle condizioni è da considerare mezzo pieno o, al contrario, mezzo vuoto.
Gli argomenti addotti dagli uni e dagli altri - fossero essi di ponderosa concettuosità o di rarefatta sottigliezza - alla fine
inevitabilmente si equivalevano. Come i vuoti e i pieni in quel bicchiere al
centro della tavola. La disputa, invero, non era nata su quell'arduo tema filosofico
ma dal tentativo, molto più terra terra, di dare un
giudizio sul sindaco in carica. Messisi tutti rapidamente d'accordo nel
considerarlo una sciagura, erano tuttavia sorti alcuni distinguo. C'era chi
diceva che, in quelle condizioni e con i soci che aveva, era già troppo quello
che non faceva. Altri invece sosteneva che, proprio per il basso livello della
compagnia (e citava Pazzaglia) quel non fare poteva
essere fatto meglio. Insomma: aveva la capacità di non fare, o era un incapace
in azione? A quel punto, di fronte al dilemma, qualcuno aveva avuto la
brillante trovata del bicchiere di vino. Idea che, accolta all'inizio con entusiasmo,
si era poi rivelata sale sulle ferite, e rischiava ora di gettarli nel più cupo
abbattimento. Nella stanza, in mezzo al fumo, si respirava un'aria di
costernazione e di disfatta. Mezzo pieno o mezzo vuoto? Finché, proprio nella
fase di massimo sconforto, da uno meno spossato degli altri arrivò la sospirata
soluzione: decisero di considerarlo mezzo, e basta. Anche se a qualcuno rimase
il dubbio se il giudizio fosse da riferire al bicchiere oppure al sindaco... (a.g.)
La lume (Marzo 1993)
"Si
n'a jte n'andra lume, e za' Marie 'nzi more... " Qualcuno ricorderà questo detto
sanvitese, che ben raffigura la non felice condizione delle nostre famiglie di
un tempo, quando anche l'umana pietà intorno al capezzale del morente doveva
fare i conti con la povertà e con il consumo d’olio per la lampada ("la
lume") che la veglia comportava.
Miseria materiale che contrastava la ricchezza dei sentimenti. Oggi, per
fortuna,la condizione è molto mutata, quasi per tutti. Per qualcuno, anzi, si è
addirittura rovesciata, ed è la povertà spirituale ad accompagnare la ricchezza
materiale. "Si n'a jte già nu mese e la (…) nna risponne...". A
febbraio abbiamo rivolto alcune domande all'onorevole (…) circa la consistenza
del suo patrimonio, le sue entrate, le sue uscite. Domande molto rispettose,
indirizzate a chi ha preso i nostri voti, ci rappresenta e, facendo le leggi,
in qualche modo ci comanda. Finora, nessuna risposta, Forse perché l'onorevole
è stata troppo tempo impegnata a criticare Scalfaro, che si rifiuta di
assolvere chi ruba.
Appicceme n'andra lume, e restiamo in attesa...
PER... (Aprile 1993)
Tempo
fa, avevamo sommessamente suggerito a "Insieme per..." di cambiare
nome. Detto fatto. Oggi si chiama PER..., a dimostrazione che non tutto è PERduto e i buoni consigli vengono ancora PERcepiti. PERò, i PERfidi, mica l'hanno spiegato, il PERchè
di quel nome. Noi ci siamo PERmessi di cercare un
significato, con PERseveranza, ma invano. Qualcuno ha
pensato a PERlana (ma è cosi grigio), PERvicacia (e forse non aveva torto) PERspicacia
(è sembrato eccessivo) PERcento (ma è PERicoloso, di questi tempi tangentosi)
PERetta (mah...) PERfetto
(siamo seri, PER favore). Insomma non ce l'abbiamo fatta, non siamo PERvenuti a nessuna conclusione. Giunti allo stremo, dopo mille
PERipezie, abbiamo pensato di affidarci all’oPERa di professionisti. ComPERata
una copia (mille lire...) l'abbiamo inviata al PERLURIN, famoso laboratorio di
analisi di PERano (senza allusioni). Dopo qualche
giorno il responso, via fax. Esaminato il rePERto, il
giudizio del prestigioso istituto è stato che "potrebbe anche trattarsi di
un giornale, visto che qualche traccia di scritto si rileva, nel mare di pubblicità".
Ma nient'altro sapevano dirci circa il nome. Soldi buttati. A quel punto un
nostro collaboratore, messo in sospetto dal suono vagamente aritmetico di quel titolo,
si è ricordato del suo professore di matematica all'università di PERugia, il ci -nese J Cià Tsèk, un luminare. PERbacco, chissà se lui... Altra copia, altre mille lire, e
via. Il professore, con scrupolo di studioso, consultati i testi di Archimede,
applicati i postulati euclidei e i fondamenti di Cantor, non tralasciata la teoria
quantistica, munitosi alla fìne di squadra, regolo e
riga, rigorosa conclusione ne ha tratto. A suo dire, misurata la prima pagina,
l'ultima, e tutte quelle interne, la ragione di quel nome – PER - è duplice.
Può essere: Pubblichiamo Esclusivamente Reclamo; oppure: Pubblicità E Reclamo. Tertium non datur, ha
sentenziato. Una specie di suPERmercato. A occhio e
croce, potrebbe avere ragione. Ma delle due, PERdinci,
quale sarà la spiegazione giusta? (a.g.)
Calamita (Giugno 1993)
Sere
fa, ci è capitato di incontrare, ad una cerimonia, l'onorevole (…). Stava
giustamente al tavolo principale, tanto grande quanto deserto. Giravano tutti
alla larga. Sedeva a tavola con lei il dr. (…), amministratore della USL di
Lanciano. Non abbiamo visto se qualcosa è andato di traverso quando l’intrattenitore
della serata si è messo a parlare, al microfono, di politici e corruzione. Che
scostumato... Per il resto, la signora ha mangiato con gusto e in abbondanza,
ci è sembrato. Come pure il dr. (…). Mangiavano insieme. Ventiquattr'ore
dopo il dr. (…) è finito in galera. Ieri, 22 giugno, abbiamo rivisto la
signora, in TV sul tg Rai. Alle 7 di mattina (cose da
pazzi, un orario da operaio Sevel) stava, insieme con
un centinaio di colleghi "onorevoli" che non vogliono sentir parlare
di nuove elezioni e di essere rispediti a casa, o in tribunale. Fra di loro,
praticamente tutti gli inquisiti per tangenti, alcuni con un elenco di accuse
lungo più dello strascico di una sposa. E la (…) era lì; come era con (…). La
signora deve sentire uno strano richiamo verso queste situazioni – tangenti e
dintorni - quasi un presagio, un'attrazione fatale: "come adamas del ferro in la minera".(1)
(1) "Come
una calamita in una miniera di ferro". Verso di un poeta italiano del
'200, di cui in questo momento ci sfugge il nome. Ma certamente la signora lo
ricorderà, è donna di lettere (non sappiamo se anche di buste).
Come non si vergognano... (Luglio-Agosto 1993)
Non
c'è mai stato un tale abbandono a San Vito, d'estate. Basta guardarsi intorno,
leggere le lettere che ci sono pervenute, sentire il disagio, le lagnanze, le
difficoltà di cittadini e villeggianti. Un'estate senza la farmacia,
addirittura, alla Marina, con le persone che devono prendere la macchina per
andare a procurarsi altrove le medicine. E chi la macchina non ce l'ha, e gli
anziani, gli ammalati soli, le cure di urgenza? Possibile che si debba essere
arrivati a questo punto? I gabinetti pubblici continuano a restare chiusi, la
pulizia delle spiagge e delle calate al mare non viene fatta; i rifiuti, qua e
là si accumulano; nemmeno il parcheggio oltre il Feltrino, lasciato in eredità
dalla Ginestra, già praticamente pronto: nemmeno quello, in due anni, la DC è
stata capace di aprire. Così il traffico soffoca le strade e le persone, e il
parcheggio si ricopre di erbacce. I signori democristiani se ne sono scappati
dal Comune, alla vigilia dell'estate, lasciando San Vito in queste condizioni.
Come non si vergognano...
Za Camille ovvero Proposte Batoste
Risposte
(Dicembre 1993)
Sono
tempi duri, tempi di proposte oscene. Dopo aver proposto "proposta
democratica" proponendosi di far credere agli elettori che fosse lista
diversa dalla Dc e col proposito di conquistare il Comune, i proponenti si
vedono proposta, su tutti i muri, l'interpretazione autentica, e cioè che i
voti sono della DC perché la lista, era dc. Più che
di proposta, si tratta di faccia tosta. E pensare che qualcuno (a proposito,
ricordate il romanzo di Hans Fallada "E adesso,
pover'uomo?") qualcuno, dicevamo, se l'era presa perché l'avevamo chiamata
"supposta democratica". Invero, mai definizione fu più esatta, perché
si supponeva che fosse "proposta", ma in verità era DC: si trattava
pertanto di una proposta supposta, ma non reale. E la DC zàcchete,
finite le elezioni, l'ha bell'e sbattuto sui muri, papale papale.
Scherzi da prete, direbbero in Inghilterra, dove le donne sono state ammesse
nel clero. E così i poveri candidati di "proposta ", avuta la botta,
curvi e doloranti, se ne vanno, sostenendo giustamente di aver preso "il
colpo della strega". Non bastasse il voto, ci mancava quest'altra batosta,
a "proposta". Forse ci avevano creduto davvero, che
"proposta" fosse diversa dalla DC. Il fatto è che, tra gente calata
dalle montagne e giovanotti di primo pelo, costoro non conoscono quell'antica
filastrocca sanvitese che conclude così: "s'acrideve ca ere lu grille
/ ere la tope di za Camille". Parimenti è successo agli elettori di “proposta
democratica": "s'acrideve ca ere Merline / ere la...liste
di donna Nine".
a.g.
As time goes by (Marzo 1994)
In una delle scene più famose di "Casablanca",
Ingrid Bergman si avvicina al vecchio Sam al pianoforte nel locale di Rick e
gli chiede di "suonarla ancora”: e Sam con gli occhi lucidi attacca
"As time goes by", la canzone che ha accompagnato a Parigi l’amore
di lei con Humphrey Bogart. Fin quando non arriva
Rick/Bogart a interrompere bruscamente la musica
troppo carica di ricordi. "As time goes by: come passa il
tempo"... Pende ancora stancamente, dai muri di San Vito, un manifesto
rosso (!) con l'altrettanto stanca firma di "proposta democratica"
sullo stantìo argomento della retribuzione agli
amministratori comunali. Questi qua sono come i bambini, quando attaccano una
solfa non la smettono, e stai fresco a fargli intendere ragione, non c'è verso.
Per cui non ci proviamo nemmeno a spiegar loro di nuovo come stanno le cose, la
risposta gliela abbiamo data, i numeri scritti, e se vogliono capire capiscono,
sennò restino pure attaccati al ciucciotto, se così si divertono. In questo,
bisogna riconoscerlo, sono proprio i nipotini di (…), se acchiappano il
ciucciotto non lo mollano più. Solo che (come passa il tempo...) mentre quelli
mordevano e digrignavano i denti, questi mostrano le gengive da latte.
"Suonala ancora, Sam". Chissà se arriverà Humphrey Bogart in smoking bianco a dirgli di smetterla e
asciugargli il musetto col bavaglino. (a.g.)
Fichi d’india (Marzo 1994)
Ci sono
alimenti, come tutti sanno, che per mostrare la parte migliore di sé hanno
bisogno di essere liberati dall'involucro che li avvolge. Questo succede con il
tonno in scatola, e anche con le noci, le lumachine, le arance e le aragoste e
le arachidi. A volte la scorza non è che venga via tanto facilmente, qualche
brandello resta attaccato, come per i fichi d'india, e chi per inavvertenza
provi a farne uso in quelle condizioni rischia di farsi male seriamente.
Occorre attenzione. Qualcosa di simile sta succedendo al popolo italiano, che
per poter finalmente mostrare la sua parte buona ha dovuto liberarsi di
involucri, incrostazioni e scorze che lo avvolgevano e lo soffocavano. L’opera,
a quanto pare, procede e si trova a buon punto, ma parecchie scorze sono ancora
appiccicate alla polpa e tentano pervicacemente di restarvi. E guarda un po',
capita proprio a noi, in questo collegio elettorale, di dover registrare la
tenacia di qualche residuato democristiano - tale Di Giuseppantonio
- che pur di rimanere incollato al potere, come il guscio all'ostrica, cambia
soprabito e passa armi e bagagli al Berlusconi. In verità i bagagli, cioè i
voti, a quanto si dice dovrebbero portarglieli certi ex sindaci e altrettanto
ex deputati di San Vito, sotto la paterna benedizione impartita dalle montagne
di Gissi. Cacciati dalla porta d'inverno, tentano di risalire dal balcone a
primavera. E gli elettori dovrebbero seguirli, a parer loro. Al grido di...
Scorza Italia!
Frate Cipolla (Aprile 1994)
Ieri
mattina siamo usciti di casa di buon'ora e, dalle parti del Colle, ci siamo
diretti verso la banca. Avevamo in tasca sette milioni ottocentosettanteseimilaquattrocentonovantacinque
lire, in moneta contante. Bella cifra, solo che, porca miseria, andavamo a
versarla per il mutuo ventennale della casa. In piazza abbiamo incontrato un
conoscente e siamo andati a prendere un caffè al bar sotto il portico.
Essendoci offerti di pagarlo, abbiamo tirato fuori il malloppo e il nostro
amico ha sgranato gli occhi a vedere quel fascio di biglietti da centomila,
scambiandoci forse per il figlio di Agnelli o il nipote di Rockfeller.
Vagli a spiegare che eravamo ricchi alle otto di mattina, ma che di lì a
quattro minuti e trenta metri - la distanza dalla banca - saremmo rimasti senza
una lira e pure con qualche debito... Come quell'amico devono avere pensato gli
stravaganti ragazzetti di proposta democratica, a sentire le cifre sullo stato
di cassa del Comune (cifre peraltro che già conoscevano, le hanno chiesto
apposta): siamo ricchi! No, siete allocchi. Proviamo a rispiegarglielo, sono un
po' duri. Il fatto che il Comune, nel novembre scorso, avesse in cassa un paio
di miliardi non vuoi dire che stesse bene in moneta, significa soltanto che non
aveva ancora pagato conti paghe e debiti. Una volta provveduto a questi piccoli
particolari è rimasto nuovamente senza una lira, liscio, per intenderci.
Proprio come noi l'altra mattina: ricchi in piazza, spiantati all'uscita dalla
banca. È proprio così difficile da capirsi, figliuoli, prima di precipitarvi a
scrivere manifesti e ammettere, nero su rosso, che non comprendete un accidenti
di conti, bilanci e Comune? Il fatto è che questi sprovveduti non hanno letto
il grande Boccaccio e in particolare la novella (ci pare sia quella di Frate
Cipolla) in cui si racconta del corteggiamento da parte del servo del frate
alla sguattera della locanda. Dove colui, per far colpo sulla buona donna e raggiungere
il suo intuibile scopo, le narra delle proprie sterminate ricchezze e, visto
che c'era, aggiunge che esse erano solo una parte del suo patrimonio, visto che
poi quello che doveva dare superava di gran lunga quello che aveva... Ci siamo
capiti, vero? In fondo, a ben pensarci, c'è qualcosa di confortante. Il fatto
che gente che non sa fare la O col bicchiere e i conti col pallottoliere possa
stare in consiglio comunale e addirittura pubblicare manifesti: ebbene, tutto
questo testimonia la vera forza della democrazia. Cristiana. Avevamo scritto,
la volta scorsa, che i fanciulloni di proposta democratica hanno bisogno del
ciucciotto. Ci siamo sbagliati, non ne hanno bisogno: sono già ciucciotti per
conto proprio. (a.g.)
Miao (Settembre 1994)
E'
ben strana la vita, disse una volta un cadavere... C'era a San Vito nella notte
dei tempi, qualche mese fa, un missionario del Riscatto delle genti, un
Paladino del Popolo che aveva votato la sua esistenza alla Causa e che, sebbene
il sembiante adiposo evocasse una inclinazione piuttosto alla pantofola che
alla Rivoluzione, confidava agli intimi il sacro fuoco che l'ardeva, il
disdegno per le lordure del potere dominante, lo spirito di sacrificio che
l'avvampava e che lo portava a mettere a disposizione di tutta San Vito il suo
braccio, e la barba, e la pancia, nella Crociata contro gli infedeli
democristiani e i loro rincalzi di “'proposta democratica". In breve,
voleva fare il sindaco. Tramontata, per motivi solo a lui incomprensibili, una
candidatura da nessuno avanzata, si afflosciò di conserva anche l'ardore
battagliero e San Vito, ignara, si ritrovò priva del suo Condottiero e la DC
orba di tanto avversario, ritiratosi nelle retrovie. Brutto posto, laddove si
ha a che fare con la truppa beona e i quadrupedi da soma. Con straordinario
spirito di adattamento, che rasenta l'affinità, il Nostro riscopre ivi l'animo
pugnace e, passate nottetempo le linee (pare con dama al seguito), si presenta
ciabattando alla soldatesca nemica, e quivi sedutosi con gli scalcagnati resti
dell'esercito avverso, rimette a disposizione il suo braccio ecc. ecc. per
l'altra Causa, srotolando uno sdrucito vessillo con l'insegna di un gattopardo
all'ombra di una palma. Ricevette, in cambio, qualche miagolio di consenso e
una razione di trippa.
Squittìi (Ottobre 1994)
Al
momento di andare in stampa, oggi 25 ottobre, apprendiamo che tale (…),
capogruppo su misura di proposta democratica, nel corso del consiglio comunale
ha smodatamente inveito contro questo giornale e chi vi scrive, forse
scambiando l'aula consiliare col palcoscenico del teatro "Dal Verme'' di
Milano. Munito di compitino scritto, pur sovente incespicando tra avverbi e
congiuntivi, sembra che costui sia alla fine riuscito a pronunciare l'intera
sequela di insulti preparatigli, a giudicare dal linguaggio, da qualche frequentatore
di postriboli, aduso a scambiare le stanze del Comune per luoghi di malaffare.
Non ce ne curiamo più di tanto, è colpa della situazione meteorologica. Di
questi tempi umidi, pure li pugge tè la tosce.
Consigliamo che se ne stiano rintanati al caldo, a rivedersi in tivvù "Il ruggito del topo” con Peter Sellers, cui far
seguire, dopo la cena col formaggio la lettura del capolavoro di Albert Camus con la sua incomparabile metafora, per concludere la
serata, col libro di Steinbeck segnalato nella rubrica letteraria di questo
numero, scegliendosi il ruolo adatto. Può essere istruttivo e gratificante, per
loro, alla condizione di saper almeno leggere. Compito non facile, per
qualcuno, e certo la vicinanza con certi prof. non aiuta nell'impresa.
Gratis (Febbraio 1995)
Facendo
un po' di conti truffaldini, i ragionierini mancati
di "proposta democratica" riescono comunque a dimostrare una cosa:
che sindaco, vicesindaco e assessori, tutti insieme, "costano" al
Comune sì e no quanto un solo impiegato. Ma ai frequentatori di quel giardino
d'infanzia non va bene nemmeno questo. Sono talmente "democratici", i
consiglieri di proposta, da non aver ancora capito che la democrazia ha un
costo, anche se basso, così come hanno un costo la capacità e l'intelligenza.
L'unica merce gratis è la cretinaggine, e sarà per
questo che è così diffusa.
Le buone abitudini (Febbraio 1995)
"Proposta
democratica" è rimasta scandalizzata dalle parole dell'assessore ing. Tito
Flamminio. Costui, infatti, nel confermare l'impegno suo e del Comune a
costruire case per i lavoratori, avrebbe affermato che intende continuare così,
pur se va contro i suoi personali interessi di costruttore. L'ingegner
Flamminio fa bene, ma è giusta anche la protesta dei nipotini della DC: "E
mo' che novità è questa?" si son detti allarmali ascoltando Flamminio. Ai
ragazzetti, infatti, dev'essere stato spiegato
l'esatto contrario, che al Comune si va per curare i propri, di interessi. Le
buone abitudini, è noto, sono le più difficili da perdere.
Mammaaa!!! (Febbraio 1995)
Pare
che sia nato un nuovo foglio, a San Vito. Non sappiamo se crescerà fino a diventare robustoso e forte, per ora ha emesso il primo
vagito. Si chiama Carta Vetrata, e speriamo non si proponga di fare concorrenza alla
Scottex. Sarebbe stato simpatico poter scrivere "fiocco rosa" o “fiocco
azzurro”, ma il sesso è tuttora incerto, mancando il foglio stesso di qualsiasi dato
anagrafico, luogo di stampa o indirizzo. Una specie di clandestino uscito in
incognito dai bassifondi della politica. Pur sembrandoci, a occhio e croce,
risibili e pretestuose le "accuse" rivolte all'amministrazione
comunale, non intendiamo replicare noi del giornale La Ginestra, lo farà l'amministrazione, se
ritiene. A noi preme invece difendere la serietà e il decoro dell'attività di
informazione. E su questo terreno non ci siamo proprio, egregi e sconosciuti signori e
signore di Carta Vetrata, o riciclata. Perché non è nè
serio nè corretto fare affermazioni, o attribuirle ad altri, senza firmare
l'articolo o il giornale nè dare la possibilità di
verifica; o confrontare sotto la stessa voce cifre di diversa natura e
origine; o ancora parlare per una pagina intera di "opere" di questa o quella
amministrazione senza citarne una, nemmeno uno straccio, di opere. Quella che
viene compiuta è un’operazione molto lontana dall'informazione e molto vicina
alla calunnia. Noi del giornale La Ginestra abbiamo fatto anche polemiche
aspre, ma sempre con tanto di firma, e soprattutto riportando ogni volta le parole
della controparte - approvate e sottoscritte - in modo che il lettore abbia davanti
una documentazione completa e attendibile e possa giudicare. Le lettere senza
firma che riceviamo, alla Ginestra finiscono direttamente nel cestino; questi
ci hanno fatto un intero giornale, di insulti anonimi, e l'hanno mandato alla
cittadinanza, considerandola alla stregua di una pattumiera. Non è questa la strada,
credeteci. San Vito ha bisogno di un’opposizione seria, e le idee sono come le
buone maniere, chi le ha le mostra: se ne sono capaci escano allo scoperto e
confrontiamoci sui problemi. Altrimenti, se l'unica mercanzia è quella ora mostrata,
cerchino di tacere, è più dignitoso. Anche noi, come giornale, vedremmo con favore
un'altra voce libera e seria con la quale discutere. Solo che a noi piace avere dei
dirimpettai, suppergiù allo stesso livello: ci sarebbe un po' faticoso, per
incontrarli, dover salire dieci piani dì morbidezza o scendere a impolverarci
negli scantinati della politica. (a.g.)