La rampalupine

   Scorpacciate di bastoncini succosi, teneri e dolci scelti della giusta consistenza tra le piante più accattivanti, ripuliti accuratamente della tunica esterna filamentosa, dopo essersi inoltrati in gruppo nel campo più vicino.

   In più di un caso le scorpacciate si erano concluse con qualche violenta colica immancabilmente sottolineata da un «ma quanta rampalupine ti si magnate?» e dalla minaccia di severissimi castighi.

   Ma non c’era minaccia che tenesse perchè la tentazione era forte e il fascino di quei campi altrettanto intenso almeno fino a quando «la rampalupine nen si ‘ntusté», perchè allora i bastoncini potevano essere solo succhiati.

   Si sono fatti rari dalle nostre parti i bei campi rosseggianti che risplendevano al sole e si lasciavano carezzare dal vento, nascondiglio ideale per giochi innocenti o per incontri più maliziosi.

   «Pe’ le rampalupine di stu còlle, / t’arecuorde, Lucíe, che ccapeluotte? / Eravame quatriele, e cchi jé sotte / e cchi sopre, e cchi jé mmòlle. / Ci faciavame a rròcelavasciélle...», cantava un poeta.

   Tenace una casereccia «rampalupine» rinasce ad ogni stagione in uno spicchio di terra da quando ne lanciarono i semi perchè le piante coprissero lo squallore prodotto da uno sterramento. E quel ciuffo d’erba lupina anima festosamente la trama dei ricordi.

   a.m.