In origine fu la Costa d'argento, poi conferenze di servizio, mostre, interventi pubblici la ribattezzarono la Costa dei trabocchi, oggi nessuno osa chiamarla la Costa del cemento, ma tale è diventata.
Una finestra pubblicitaria che ho letto di recente (ma recente la pubblicità non è) recita così: "In un suggestivo angolo dell'Adriatico, dominato dal promontorio del Turchino, chiamato così per la trasparenza del suo mare (il corsivo è mio), si affaccia l'Hôtel Garden.
Collocato nel vivo della Costa dei trabocchi, tra aranceti e ginestre dove D'Annunzio ha ambientato alcune delle sue pagine più belle".
Inviterei il redattore a leggere qualcuna di quelle pagine dannunziane per scoprire che il "promontorio del Turchino" deriva il suo nome dal "Trabocco di Turchino".
"Vedi questi pesci? Vengono dal Trabocco. Li ha portati Turchino..." (E' Candia che parla).
E abbassò la voce.
"Vuoi sapere? Turchino è sotto una fattura con tutta la sua famiglia, da quasi un anno; e non s'è liberato ancora".
"Chi è Turchino?" chiese Giorgio, che pendeva dalle labbra della donna, attratto da quelle cose misteriose. "L'uomo del Trabocco?". E si ricordò di quel viso terreo, quasi senza mento, poco più grosso di un pugno, da cui sporgeva un lungo naso, aguzzo come il muso di un luccio, tra due piccoli occhi scintillanti. (G. D'Annunzio, Trionfo della morte, Oscar Mondadori, 1994 pag. 224)
Adelia Mancini