Tex Willer
Proprio di questi tempi, nel maggio scorso, sulle pagine culturali del Corriere della Sera, pungolati da un intrigante articolo che apriva la pagina riservata agli elzeviri (una volta si trovavano rigorosamente in terza pagina mentre oggi, dopo la “riforma” Mieli, nelle pagine di mezzo come su Repubblica) si diede vita ad una discussione ampia e vivace nel mondo letterario sul rapporto tra cultura letteraria alta e quella che molti chiamano cultura popolare; in particolare si discuteva se accettare o meno nei libri scolastici i testi delle canzoni di De Gregori, De Andrè, Paolo Conte o Bob Dylan, considerati da molti come l’espressione più vera della poesia contemporanea.
Dopo quell’articolo ne seguirono altri anche su giornali concorrenti e in poco tempo si concretizzò un dibattito interessante intorno a quel tema e quasi tutta l’intellighenzia casalinga si trovò unita nell’accettare quella che poteva sembrare all’inizio soltanto una suggestiva provocazione come una via percorribile e realizzabile. Nel giro di qualche mese tutto cadde nell’oblio e nei testi scolastici non solo non troviamo alcuna traccia di quegli autori ma notiamo, con allarmante disagio, che quasi tutta la letteratura contemporanea degli ultimi cinquant’anni viene trattata superficialmente e di conseguenza poco studiata.
Del resto quasi tutta l’attuale informazione funziona così. Deraglia un treno e ci sono vittime? Per un mese non si parlerà d’altro ed ogni giorno successivo alla catastrofe ne deraglierà uno. Poi, quando si riterrà l’opinione pubblica stanca della notizia, con un semplice clic si spegnerà tutto e tutto verrà dimenticato.
Torniamo ora a quel dibattito culturale aperto con gran clamore e subito richiuso e poniamoci delle domande. Tra i visitatori del sito ci saranno di sicuro genitori con figli prossimi all’esame di Stato o di terza media, bene si è mai sentito che uno di questi ragazzi porti come tesina di letteratura Cent’anni di Solitudine di Garcia Marquez o l’Aleph di Borges? Difficile, molto difficile. E allora lanciamo anche noi la nostra piccola insignificante provocazione e andiamo oltre: perché non considerare letteratura anche il fumetto, in particolar modo il fumetto italiano ?
Quanti si sono avvicinati alla lettura attraverso le storie di Dylan Dog (nome non a caso ripreso dal poeta Dylan Thomas) scritte da un signor scrittore come Tiziano Sclavi? E’possibile trattare come fenomeno culturale il fumetto più letto in Italia, Tex Willer? Noi crediamo che sì, è possibile. Intere generazioni di lettori si beano delle storie di Tex da anni e di sicuro il nostro amato Ranger merita quell’importanza che pochi nel modo accademico gli accreditano.
Ma chi è Tex Willer ? Per chi ancora non lo sapesse Tex Willer è un fumetto nato dalla penna assai brillante di Gianluigi Bonelli e dalle matite di Aurelio Galeppini, pionieri, come le loro creature, del fumetto italiano del dopoguerra. Quasi tutte le storie di Tex, sapientemente narrate da Bonelli, si svolgono nel selvaggio West americano, terra di soprusi, di scorribande, e di interminabili faide con le tribù indiane sottomesse.
Il nostro Tex è una specie di Di Pietro prima maniera (quello vero, quello che rivestiva i panni di magistrato), un uomo di legge, svelto con la pistola e i pugni, diffidente con il potere governativo di Washington, che lotta contro le infinite ingiustizie in quel mondo terribile qual era la frontiera americana. Nelle sue imprese si avvale della collaborazione di un amico ironico e pessimista, il brontolone Kit Carson, di suo figlio Kit, nato dall’unica storia d’amore di Tex (con una donna indiana, una “squaw” figlia di un capo Navajo, tribù di cui diventerà capo con l’appellativo di Aquila della Notte) e di Tiger Jack, indiano furbo e fedele. Tex nel corso di tutte le sue storie è la personificazione della giustizia ( e Dio solo sa quanta ne manca oggi). Nel selvaggio West il nostro eroe si batte per i deboli, non spara mai alle spalle, lotta contro la schiavitù degli indiani e combatte tenacemente i falsi idoli e le stregonerie (straordinarie le storie con Mefisto). Tanta era ed è la popolarità di Tex che molti, nell’analizzare i suoi multiformi aspetti, si sono accapigliati per anni dinanzi al quesito: ma Tex è di destra o di sinistra (siamo sotto elezioni e qualche buontempone potrebbe porsi la domanda)? Molto banalmente potremmo rispondere che il nostro eroe è sia di destra che di sinistra, ma la risposta non può che risiedere nella testa del lettore il quale può riconoscere nelle imprese di Tex il suo credo e i suoi valori. Di questi tempi è più facile capire la distinzione destra-sinistra attraverso Tex che non in un illuminante saggio di Giovanni Sartori!
Giovanni Cipriani